Per Giorgia Meloni a Bruxelles si profila una vera débacle. In campagna elettorale la presidente del consiglio aveva tutto chiaro: “Escludere i socialisti dalla maggioranza europea” e poi “Non voteremo mai la commissione insieme al Pse”. Noterete che del destino dell’Italia non le fregava nulla, tanto è vero che delle promesse elettorali non ne ha mantenuta una, proprio come non le fregava nulla di ciò che stava dicendo contro l’UE e degli slogan vuoti e ad uso elettorale (che le sono valsi appena l’1,2% in più rispetto alle politiche del 2022, quando Schlein, per nominarne una che le dà dei fastidi seri a scrivete Giorgia, di punti ne ha presi quasi cinque abbondanti) perché Meloni sapeva che i numeri della sua formazione politica sarebbero stati irrilevanti nella formazione del nuovo governo europeo.
Lo sapeva ma ha gridato incongruenze in tutta Italia e da tutti gli schermi come se non le importasse nulla. E infatti non le importava. Lei punta in alto. Ed è ebbra del suo premierato. E’ presto per dire che finirà come Renzi, ma non è detto che Salvini la segua fino in fondo in questa sua avventura.
Per ora scopriamo che i numeri del gruppo conservatore europeo che profuma di Meloni sono irrilevanti al fine della formazione del Governo europeo, a meno che non li vendano per una poltrona da commissario barra commissaria. Difficile, al momento in cui scriviamo, immaginare come finirà. E’ certo, perché è cronaca, che con velocità tutta futurista due importanti suoi colleghi, prima il tedesco Scholz, socialista, e poi il polacco Tusk, popolare, leggermente a sinistra, ai voti di Meloni d’Italia hanno detto “no grazie”.
Ora tocca dimostrare che tanto Scholtz quanto Tusk sono pericolosi comunisti o puzzolenti radical chic. O forse è colpa dei quotidiani italiani di sinistra anche quello. Certo è che lei va dritta per la sua strada: “Non accetto scelte di altri. Preferisco andare a casa”. Ce n’era un altro nemmeno troppo tempo fa e guarda che badabum dal 40% e oltre a oggi, e in pochi anni….
(18 giugno 2024)
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