Continua la sterile, insulsa e insopportabile polemichina estiva sul colore della pelle dei nostri atleti, con particolare riferimento a chi ha vinto di più, perché la pelle dei vincitori si vende più cara, in un esercizio insopportabile di presa di distanza da una o dall’altra idea (la chiamano idea) di italianità, rispolverando da sinistra quelle proposte sullo ius soli, ius sanguini e ius scholae che non sono mai state praticate quando il PD e le altre forze sono state al governo e che, certamente, non si potranno mettere in campo ora.
Questo continuo sbirciare sulla presunta negritudine dei nostri atleti e delle nostre atlete, facendone carne da macello politica, con rasoiate che fanno male a chi le ascolta figuriamoci a chi le riceve, mette a nudo solo la pochezza di certa informazione e ancora di più l’impreparazione cronica di troppi che vengono eletti in parlamento a suon di centinaia di migliaia di voti e che non stanno certo dove stanno per ragioni che esulino dalla soddisfazione del loro ego.
Naturalmente una discussione che potrebbe essere perfino seria si trasforma nell’ennesima caciara televisiva dove tutti dicono ciò che gli serve al punto di vista del quotidiano da un paio di decine di migliaia di copie quando va bene che rappresentano; della web radio da qualche centinaio di ascolti dalla quale parlano; dal punto di vista personale di deputati eletti grazie al proporzionale dei quali non si conoscevano nomi e cognomi prima, grazie ai maneggi dei partiti.
E naturalmente, visto il paese che siamo, nessuno si preoccupa di dire le cose come stanno sui controversi temi ius soli e ius scholae locuzioni che una stragrande minoranza di italiani non pratica a menadito, il cui significato è oscuro alla stragrande maggioranza di chi sta leggendo e che soprattutto non rappresenta una priorità non essendosi mai, coloro che lo sbandierano oggi come hanno sempre cavalcato troppi diritti solo a parole, preoccupati di renderli popolari e prioritari nel paese. Nessuno si preoccupa di spiegare nei dettagli le leggi, nemmeno per sommi capi.
E naturalmente nessuno dice che se nasci in Italia e rimani in Italia ininterrottamente fino al 18° compleanno lo Stato magnanimamente ti concede la cittadinanza come se ti facesse un piacere – sorvolando sulle naturalizzazioni tanto utili allo sport e a condizioni che quasi ti fanno venir voglia di chiedere a tua madre perché sei nato qui – mentre il percorso verso la cittadinanza di coloro che arrivano in Italia a un mese dalla loro nascita è assai più accidentato perché non sono nati qui. Per chiarire, chi arriva in Italia a una settimana dalla sua nascita, ma è nato fuori dai sacri confini dello stivale, una volta diventato maggiorenne potrà richiedere la cittadinanza se ha raggiunto i dieci anni di residenza regolare ininterrotta, se ha un reddito di almeno 8mila euro per tre anni continuativamente (se perde il lavoro per un mese deve ricominciare da capo) Bello, vero? Il tutto si aggiunge a un iter già complesso, costoso e estremamente lungo che non tutte le famiglie riescono a completare. Si chiama uccidere il futuro di un essere umano, ma noi discutiamo sul colore della pelle delle medaglia d’oro olimpiche e l’opposizione marcia sul tema per surfare sulla pelle degli altri, è quella che quando ha potuto non ha fatto niente.
Del resto siamo il paese che ha dato la maggioranza relativa a una leader che parlava di “sostituzione etnica”, a un altro che delira di invasione migrante e c’ha costruito sopra una carriera, e che ha un’opposizione che blatera invece di fare quello che dovrebbe. E tutti surfano sulla pelle degli altri per fare ascolti, vendere copie o prendere voti.
( 13 agosto 2024)
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