di Daniele Santi
Ci permetterete, prima di continuare con la notizia, perfettamente riassunta nel titolo, di raccontare che questo quotidiano, attraverso gaiaitaliapuntocom APS nata proprio per l’organizzazione di eventi culturali, ha avuto due o forse tre incontri piuttosto interessanti con l’ormai ex assessore alla Cultura della città di Livorno. Gli incontri vertevano su un progetto culturale articolato proprio sul tema delle differenze e non abbiamo avuto nessun sentore di omofobia, nemmeno nascosta. Anzi rimanemmo stupiti dalla cordialità e dalla cultura dell’Assessore (tanto da commentare che per una volta incontravamo un assessore alla Cultura che la materia la maneggiava).
Ci dispiace, pertanto, di leggere che Simone Lenzi ha sbattuto la porta tra accuse anche di tranfobia, dopo la riconferma in seguito alla seconda vittoria elettorale di Luca Salvetti, parrebbe a causa di una serie di uscite poco felici via post su X, riemersi (chissà come mai) in queste ore, ritenuti violenti e insultanti. Dai post partivano attacchi contro Il Fatto Quotidiano, contro lo storico Luciano Canfora che è un altro con linguaggio da vergine.
Lenzi aveva commentato via X una vignetta di Natangelo de Il Fatto Quotidiano che aveva trovato antisemita. Il commento (in basso) era certamente colorito e ha scatenato un putiferio.
Ho uno champagne in frigo, pronto per quando chiuderà, sommersa dai debiti, la fogna del @fattoquotidiano, laboratorio di abiezione morale, allevamento di trogloditi, verminaio del nulla.
— Simone Lenzi (@Simone_Lenzi) October 8, 2024
Non siamo andati a cercare la vignetta di Natangelo, perché non ci è mai piaciuto il suo lavoro e la chiudiamo qua. Certamente tacciare di omofobia Simone Lenzi quando saettano per i social i commenti di personaggi pubblici, ben più in vista di lui, con invenzioni e acrobazie verbali raccapriccianti ci pare esagerato, nonostante certi suoi commenti forti possano essere irritanti, come quello sul linguaggio inclusivo degli esperti dell’università di Trento che aveva descritto come “Mitomani e sciroccati” o quello su di un’opera alla Biennale: “Ci tengono a farci sapere che la donna quintessenziale ha la minchia”, battuta che trovo straordinaria e niente affatto omofoba – devo chiedere a mio marito se mi trova omofobo – e che piuttosto ricorda certo boccalonismo ridanciano un po’ volgarotto che basta camminare per le strade di Livorno e sai cosa senti. Forse ha disturbato l’aggettivo quintessenziale. E gli è possibile.
Poi è partito il tam tam dimissioni. Lenzi, che è ottimo e premiato musicista, ha detto ciao ciao non appena si è cominciato battere il tempo. Che abbia fatto bene o male saranno fatti suoi. Certamente rimarrà il suo ultimo commento al vetriolo: “Mi dimetto perché alla sinistra, che avevo visto sin qui come la roccaforte di ogni libertà, la libertà più autentica non interessa affatto”.
Potrà essere giudicato bene o male, ma almeno esiste uno su mille che capisce quando è il momento di togliersi dai piedi. E in fretta. Chi invoca il mea culpa lenziano vive in Italia, ma nemmeno se ne accorge. Si attendono successori fedeli alla linea. Se li cercheranno tra educande sappiano che quelle non deludono. Sempre a bocca chiusa. Anche quando parlano. Naturalmente senza dire nulla.
(11 ottobre 2024)
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