La Toscana ricorda le vittime innocenti di Sant’Anna di Stazzema, il paese che da una montagna di seicento metri si affaccia sul mare. Oggi vi abitano una trentina di residenti, un borgo fatto di casolari sparsi sulle pareti di una valle. Nel 1944 erano molti di più. C’erano anche centinaia di sfollati arrivati dalla costa, perché il paese tra le montagne era considerato più sicuro, e i tedeschi praticamente li uccisero quasi tutti: 560 vittime (394 le identificate) e i corpi dati alle fiamme assieme alle case, quasi per provare a cancellarne ogni traccia.
Ma con i tedeschi c’era anche chi parlava italiano: collaborazionisti fascisti, uomini e donne con la bocca e metà volto coperti da una benda per non farsi riconoscere. L’hanno raccontato i superstiti, anche nelle aule del tribunale. Fu un’azione premeditata e studiata. Calarono da tre sentieri diversi e chiusero Sant’Anna ad imbuto. Rastrellarono chi poterono e uccisero chiunque trovarono.
“E questo non dobbiamo dimenticarlo – ricorda l’assessora alla memoria della Toscana, Alessandra Nardini, oggi a rappresentare la Regione alla commemorazione –Di questo fu capace il fascismo. Purtroppo l’Italia, a differenza della Germania, non ha fatto i conti fino in fondo con la propria storia ed ancora oggi c’è qualcuno che dice che il fascismo ha fatto anche cose buone, qualcuno, anche all’interno delle istituzioni, che pronuncia parole vergognose su via Rasella, che nega la matrice neofascista della strage di Bologna e prova a riscrivere la storia, intitolando magari una strada ad Almirante ed una a Berlinguer come se fossero stati tutti uguali, chi aderì al fascismo e chi vi si oppose, in nome di una presunta pacificazione nazionale”.
“Il fascismo invece – prosegue Nardini dal palco – è stato una dittatura che ha provocato orrori come la strage che commemoriamo oggi. E’ stato odio, persecuzioni e devastazioni. E’ stato torture ed è stato olio di ricino. Si è macchiato della vergogna della leggi razziali, o meglio razziste, firmate dal re proprio qui in Toscana, a San Rossore. Nel nostro Paese non ci può essere spazio per il negazionismo e il revisionismo. Non possiamo addossare tutta la colpa ai nazisti tedeschi e dobbiamo riconoscere anche le colpe dei fascisti italiani nel ricordare oggi l’abisso che l’uomo ha toccato contro altri uomini”.
“Sant’Anna di Stazzema è stato uno degli eccidi nazifascisti più atroci della storia del nostro Paese e non solo della Toscana” commenta il presidente della Regione, Eugenio Giani. “Non dobbiamo dimenticare – prosegue – perché dimenticare rende fragili ed esposti alle insidie che si nascondono dietro l’intolleranza. Ricordare e coltivare la memoria è un antidoto affinché ciò che è stato non riaccada. Purtroppo intolleranze e discriminazione continuano ad essere piaghe anche del mondo di oggi e con fermezza dobbiamo quindi contrastarle educando principalmente le nuove generazioni”.
Toscana ed Emilia Romagna sono state tra le regioni più colpiti dalle stragi nazifasciste sul finire della seconda guerra mondiale. Tra l’aprile e l’agosto del 1944 solo in Toscana ce ne furono più di 280 ed almeno ottantatré sono stati i comuni interessati, con circa 4500 morti tra i civili.
“Quella mattina a Stazzema nazisti e fascisti uccisero anche bambini di pochi mesi, donne ed anziani – ricorda ancora l’assessora Nardini – La distruzione non risparmiò nessuno. A Sant’Anna ci furono carni bruciate, strazio, corpi dilaniati. Oggi da qui diciamolo forte e chiaro: i movimenti neonazisti e neofascisti vanno sciolti”.
Tutto si consumò in poche ore. Uccisero nonni, padri e madri, figli e nipoti. Uccisero Anna Pardini, l’ultima nata del paese che aveva appena venti giorni, lei che non aveva una foto per ricordarla e fu fotografata da morta, nella lapide posta su un muro del monumento ossario accanto alla mamma e la sorella di sedici. Uccisero Evelina, che quella mattina aveva le doglie del parto. Uccisero Genny, la madre che prima di morire, per difendere il suo piccolo Mario, scagliò lo zoccolo in faccia al nazista che stava per spararle. Uccisero il prete Innocenzo, che implorava i soldati di risparmiare la sua gente. Uccisero più di un prete. Uccisero gli otto fratellini Tucci con la loro mamma. Uccisero tanti ragazzi e bambini che non avevano ancora sedici anni e che riempiono, con i loro volti, un pannello intero del museo sorto nei decenni successivi nel paese, simbolo di una memoria ritrovata e da conservare.
Proprio sulla difesa della Memoria e sulla scelta e il coraggio di stare dalla parte giusta, oggi come ieri, si sofferma Nardini durante il suo intervento a Sant’Anna. Lo fa citando Liliana Segre, la senatrice a vita sopravvissuta ad Auschwitz e alla Shoah, e “il rischio di oblio che corriamo”, ancora di più oggi che molti testimoni diretti di quegli anni stanno, per ragioni anagrafiche, scomparendo. Anche a Sant’Anna: solo negli ultimi anni e mesi se ne sono andati Enrico Pieri, instancabile nel raccontare ai giovani studenti cosa successe, Mauro Pieri e Cesira Pardini, che nel processo al tribunale militare di La Spezia, sessantuno anni dopo l’eccidio, spiegò che chi puntò la pistola alla testa della mamma non fu un soldato tedesco ma un italiano.
“Durante il fascismo – si sofferma Nardini – ci furono i collaborazionisti, ci furono gli indifferenti che si girarono dall’altra parte ma ci fu anche chi, come le partigiane e i partigiani, anche a rischio della propria vita combattè la dittatura guidati dalla difesa di valori come libertà, uguaglianza, giustizia e fratellanza dei popoli contro ogni regime. Valori che devono guidarci anche oggi: per essere sentinelle di memoria, per schierarsi dalla parte giusta, per non essere indifferenti rispetto alle guerre che insanguinano il mondo, ai diritti umani e alle libertà violati, per essere accoglienti e solidali verso chi fugge dal proprio Paese per vivere una vita che sia degna di essere definita tale, contro ogni discriminazione fondata su colore della pelle, confessione religiosa, disabilità, sesso, orientamento sessuale o identità di genere”.
“Nazismo e fascismo avevano paura delle differenze e le volevano cancellare – conclude Nardini – Le differenze invece sono una grande ricchezza per la società. Ce lo ricorda anche Michela Murgia, scrittrice e voce libera scomparsa in questi giorni, che una volta ha detto che le sarebbe piaciuto che nella Costituzione fosse scritto che l’Italia è una nazione fondata sulla differenza”.
(12 agosto 2023)
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